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Corso Italia 1989, siamo ancora lì…
Vi vogliamo raccontare una storia: correva l’anno 1989, noi già esistevamo, allora il ciclismo urbano era praticamente inesistente ma la voglia di aria pulita e di andare in bici in tranquillità era tanta. Si voleva che almeno la domenica Corso Italia fosse liberata dalle auto e lasciata a ciclisti e pedoni. Palazzo Tursi faceva orecchie da mercante, decidevamo quindi di fare un biciassedio al palazzo. Ecco qui la sua cronaca del biciassedio. Era il 9 febbraio 1989.
Quello stesso giorno partiva un fonogramma dall’assessore Mazzolino ai dirigenti del Traffico. Sì un fonogramma, non esistevano ancora le e-mail. Il fonogramma diceva: chiudere al traffico veicolare Corso Italia tutte le domeniche da marzo a inizio giugno dalle ore 14 alle 18,30. Noi eravamo contenti a metà visto che avevamo chiesto tutto il giorno. Qui testo del fonogramma e comunicazione a noi. La vittoria a metà lasciava il campo a varie interpretazioni ma a fine mese capivamo il perchè della decisione monca, c’era qualcuno che remava contro.
Era giunta in Comune una lettera del Presidente dell’Ascom: formalizzava la sua “ferma opposizione alle insistenze ecologiche di ciclisti e simili” suggerendo di “offrire in alternativa o il campo Carlini che dispone di un’ottima pista oppure il campo sportivo di Corso Monte Grappa” , opposizione che molto probabilmente era già stata espressa per “le vie brevi” come si diceva a quei tempi.
Capite, cari amici, il problema della riconquista degli spazi urbani e la voglia di aria pulita delle persone per loro si risolveva mandando ciclisti in un velodromo ed i podisti in un campo sportivo. La lettera integrale, letta nel 2021, è uno spasso,
la trovate qui.
Nel frattempo si stava costruendo la nuova Corso Italia, uno schifo di lungomare, l’unico della Liguria utilizzato come tangenziale dalle auto, con le piante nella mezzeria anzichè lato marciapiede, con delle piastrelle che dopo pochi anni hanno incominciato a rompersi (utilizzate persino come fondo per il parcheggio, bah), fredde panchine avvolte in improbabili aiuole. Diciamo che si poteva fare di meglio, purtroppo oggi paghiamo le scelte dei poco lungimiranti politici ed architetti degli anni ’80.
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